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FLIGHT SYSTEM MAN

4 Nov- 9 Dec 2017

Fabula FineArt, Ferrara, Italy

Nella mostra che lo ha visto protagonista a Casa Testori un anno fa Andrea Bianconi ci aveva dato modo di vedere simultaneamente il percorso degli ultimi anni di attività con disegni, installazioni sonore e video delle sue performance.

Performance è anche il titolo della sua ricca pubblicazione edita da Silvana Editoriale, approfondito documento del lavoro dal 2006 al 2016, che può, a prima vista, stordire l’occhio dell’osservatore non avvezzo alla conoscenza di un artista così poliedrico e vulcanico, instancabile ricercatore di linguaggi, esperienze e relazioni fra le cose.

David Galloway, scrivendo di Bianconi, mette in relazione il suo lavoro con quello del notissimo illusionista Houdini, e parla di “strategia multimediale”, per oltrepassare i confini. Se si pensa alla sequenza causa- effetto, ad antefatti non così lontani nel tempo, che hanno interessato artisti come Fischli & Weiss, o Tinguely, capiamo il carattere performativo del ready made, praticato da artisti geniali e ironici che mettono in scena macchine celibi che non producono altro se non la loro stessa significanza e inaspettate reazioni nell’osservatore.

A Charmed Life, ready made e performance del 2010, rappresenta un esempio perfetto per descrivere un lavoro complesso e articolato, creato a poco a poco nell’assemblaggio di oggetti diversi e di diverse provenienze. Alto e basso si mescolano, così, nell’opera come nella vita, e danno origine al sound che Bianconi costruisce ( la performance).

L’installazione è sempre site specific, nel senso che si può “riformare” a seconda della possibilità offerta dallo spazio. La spazialità diventa, così, una costruzione architettonica fatta di elementi, ma anche di segni e disegni, su carta, ad esempio, o su pareti (le pareti di una galleria, come Bianconi ha creato, tra l’altro nella mostra Partiture Visive alla Galleria Bianconi nel marzo 2017, in un turbine di frecce e soggetti naturalistici, piccoli uccelli, accanto a tazzine, e pettini, o più recentemente presso la Barbara Davis Gallery di Houston lo scorso ottobre).

Andrea Bianconi traduce metaforicamente il tentativo di volo in una performance inquietante che diventa un video. L’aspirazione a librarsi nell’aria che da sempre accompagna la storia del pensiero umano, dal Mito di Icaro e dalle ricerche di Leonardo fino ad oggi, mette in relazione il rapporto tra la vita e la morte. Nell’azione di Bianconi il gesto di volare viene frustrato dall’incapacità di raggiungere lo scopo, fino al punto che le due grandi ali arcangiolesche si richiudono creando una forma di cuore.

Come sempre il lavoro dell’artista è pervaso da una grande autoironia che si manifesta, anche in questo caso. L’artista continua il percorso di quanti hanno sfidato i limiti umani, ma in modo provocatorio e burlesco come Gino De Dominicis in Tentativo di volo del 1970.

In questa performance Andrea Bianconi dà voce al desiderio inconscio di abbracciare l’universo e di liberare lo spirito, e nello stesso tempo, mette a fuoco le nostre paure più profonde. Ci costringe a guardarci allo specchio con le nostre incapacità e con i nostri limiti, ma nello stesso tempo ci sprona a non adagiarci sulle nostre illusioni e a riconsiderare lo sforzo del tentare il volo come qualcosa, comunque, di vitale in sé e per sé.

La performance fa parte del complesso e multiforme universo creativo di Bianconi, che mette in scena una vera e propria sinfonia di suoni, gesti, segni, oggetti ed elementi vari che accompagnano la sua continua ricerca concettuale.

Il percorso di questa mostra da Fabula Fine Art a Ferrara gioca fra volo e identità, quella dell’artista che ritrae se stesso in mille differenti modi, che fugge e al tempo stesso cerca se stesso, provando le proprie forze fino al limite.

Come in un lavoro di Leonardo degli anni duemila, appaiono disegni che studiano il volo attraversato da piccole frecce, quelle stesse frecce che coprono i muri. I piccoli segnali del movimento, come sempre avviene nel lavoro di Andrea Bianconi, creano vortici come labirinti che suggeriscono l’uscita e che, poi, creano delle silenziose esplosioni.

Il lavoro dell’artista è energetico, incessante, un moto perpetuo di forme, segni e segnali di identità, una “topografia della conoscenza”, una enciclopedia di parole, suoni, respiri che fanno parte del suo mondo più profondo. Bianconi è un nomade delle idee, uno speleologo del cervello, un rabdomante dell’arte. Il suo corpo, il suo io, sono il canovaccio della sua ricerca.

Ma l’io si sdoppia (You and Myself), precipita e rinasce continuamente, come una macchina celibe. La soluzione non c’è mai, la vita è nello sforzo continuo, nella lucida analisi e nella sua interpretazione poetica.

Nella foresta dei propri pensieri Bianconi sembra nascondersi volutamente, ma è solo un’apparenza.

Anche quando le ali sembrano velare il suo sguardo nel biancore della purezza, l’artista crea sempre una deviazione dello sguardo che nega tutte le nostre certezze, che mette in crisi i nostri diktat, le nostre abitudini. Gli oggetti, dunque, ci ricordano il tempo in cui Bianconi li fa rinascere.

A tal proposito mi torna alla memorai un lavoro straordinario del 2009: M-ask, un autoritratto coperto da una maschera da scherma, una specie di autoritratto del Parmigianino in versione contemporanea, un altro ready made che racconta passato, presente, e un po’ di futuro dell’artista.

I suoi autoritratti fotografici con interventi pittorici rappresentano un “face to face” continuo, così come le moltitudini di segni sul muro, sul legno ed, infine, così come i ritratti fotografici dei migranti esposti a Bologna nel gennaio scorso nella mostra P-Arty.

Il suo essere qui e là è ben riassunto in un brano di un’intervista che qui cito: “Sono un affamato del mondo, ho un bisogno fisico e mentale di viaggiare in continuazione, senza sosta, non amo tanto le e – mail. Non posso, però, stare a lungo in un luogo, così come non posso stare seduto per più di cinque minuti su una sedia.”

La sua vita si divide tra l’Italia e gli Stati Uniti, dove a periodi vive e lavora. Poi Bianconi sogna di essere a Tokyo, in Madagascar, e chissà dove altro….

Forse egli vorrebbe vivere molte vite contemporaneamente e l’essere artista fa parte di questa interpretazione di ruoli diversi. Illusione o illusionismo?

Il giovane Andrea Bianconi (Houdini) si incatena con i suoi stessi oggetti e segni per poi liberarsi e riemergere dall’acqua come in un’azione catartica.

Noi siamo spettatori, ma riusciamo a interagire mentalmente, a entrare in sintonia col suo lavoro.

Perché così come lui vuole vivere tutte le vite, anche noi siamo sensibilmente colpiti dalla sua vita d’artista.

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